La Missione Arcobaleno fu un'iniziativa di solidarietà promossa dal governo italiano all'ora guidato da Massimo D'Alema nel 1999, per aiutare le famiglie albanesi in fuga dal loro paese per la guerra in Kosovo. Durante la missione, furono trasferiti nella ex base nato di Comiso in Sicilia circa 5.000 kosovari.
Con l’inizio dei bombardamenti il popolo kosovaro, si rifugia nella vicina Albania, che nel giro di pochi giorni il numero di profughi in fuga a sale 250.000 kosovari nel quali ci sono anche persone ferite gravemente. Il governo italiano già messo a dura prova con l’opinione pubblica la quale si mostrava scettica nell’intervento dell’esercito italiano ad un suo fine umanitario.
Prendendo atto della vastità delle proporzioni dell'emergenza e della debolezza della parte socio-economica del tempo si decise per un'azione che si imperniasse nelle consolidate relazioni bilaterali con l'Albania. In un primo momento la prefettura e la protezione civile dovessero avere un ruolo di coordinamento sotto alla linea guida del ministero dell’Interno e del ministro della sanità, per l’accoglienza di 25.000-30.000 kosovari sul territorio italiano.
Scissa dunque in due filoni, uno statale, diretto dalla Protezione Civile e uno più autonomo, sotto la responsabilità del Prof. Vitale, la Missione risultava essere strutturata secondo uno schema organizzativo-funzionale composto da due sistemi sovrapponibili, rispettivamente situati a Roma e a Tirana.
Il primo è articolato su tre livelli: un livello politico, un livello di coordinamento ed un livello operativo. Ciò significa che le decisioni, prese principalmente da un tavolo composto da membri del governo e presieduto dal Presidente del Consiglio Massimo D'Alema, vengono trasmesse al secondo livello, ovvero ai vari ministeri interessati (Sanità e Difesa) ed alle agenzie deputate al coordinamento, tra cui spiccano l'EMERCOM (protezione civile), addetta alla pianificazione degli interventi, il Dipartimento Affari Sociali, il quale coordina i rapporti con le ONG e la Croce Rossa, e l'Unità di crisi della Farnesina, in seno alla quale avviene una costante opera di monitoraggio dello scenario internazionale. Inoltre, è a questo livello che i due sistemi si raccordano. Il terzo livello, quello operativo, infine, conduce le attività di fornitura dei servizi di assistenza ai beneficiari, di monitoraggio della situazione epidemiologica e di coordinamento degli interventi sul campo.
Il secondo sistema, che come abbiamo visto si raccorda a quello di Roma al secondo livello, è costituito da un tavolo di coordinamento che annovera tra gli altri l'Ambasciatore italiano inAlbaniae rappresentanti del governo italiano. Le sue funzioni principali consistono nel coordinare gli sforzi della missione con le autorità albanesi, concorrere al trasferimento dei profughi e nel curare gli aspetti logistici del trasferimento e della distribuzione dei beni di soccorso.
Nelle operazioni sul campo, così come nel supporto organizzativo molto importante si è rivelato il ruolo di numerose ONG e associazioni da un lato ed istituzioni statali decentrate (Regioni, Comuni, ecc.) dall'altro.
Il contributo delle ONG, come risulta dal Dossier della Protezione Civile, è stato enorme e andava dalla gestione completa di alcuni campi (come nel caso di alcune grandi associazioni, Confederazione Nazionale delle Misericordie e ANPAS) ad un supporto più settoriale limitato ad alcune specifiche competenze, prestato da associazioni di più modeste dimensioni. Per quanto riguarda le Regioni e gli altri enti statali decentrati, la Missione Arcobaleno ha costituito la prima loro partecipazione ad un intervento coordinato di protezione civile. 16 Regioni, 2 Province (Trento e Modena) ed il Comune di Milano hanno fornito in totale 2.419 personale volontario e 1.170 personale impiegato.